Ass. Compagnia teatrale Il Canovaccio


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Filumena MARTURANO

Stagione Prosa 2011-2012


« 'E figlie so' figlie e so' tutt'eguale! »

(Filumena)


Filumena Marturano è una commedia teatrale in tre atti scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo e inserita dall'autore nella raccolta Cantata dei giorni dispari. Nella drammaturgia internazionale è uno dei lavori più conosciuti e più apprezzati dal pubblico e dalla critica.
Scritta originariamente per la sorella Titina De Filippo[1]che rese una grande interpretazione del personaggio femminile Filumena, in seguito fu interpretata da Regina Bianchi[2], Pupella Maggio, Valeria Moriconi, Isa Danieli, Lina Sastri e Mariangela Melato.
Da tale opera Eduardo trasse e diresse il film omonimo (1951) interpretato da egli stesso e da sua sorella Titina, nonché la versione televisiva (1962) con Regina Bianchi nella parte che fu di Titina; Vittorio De Sica ne trasse altresì Matrimonio all'italiana (1964), con Sofia Loren e Marcello Mastroianni, sempre ambientato a Napoli.

La commedia fu tradotta in varie lingue, tra cui l'inglese, nella cui versione londinese fu diretta (1977) da Franco Zeffirelli e interpretata da Joan Plowright, moglie del celebre attore Laurence Olivier. Nel 1979 la stessa Plowright, dopo due stagioni di clamorosi successi a Londra, interpretò la commedia a Broadway la cui regia fu firmata, in questa edizione, dal marito.


I atto [modifica]
Napoli. Filumena, una matura signora con un passato da prostituta, è stata per venticinque anni la mantenuta di Don Domenico (Mimì) Soriano, ricco pasticciere napoletano e suo cliente di vecchia data, di fatto amministrando e sorvegliandogli i beni e la casa come una vera e propria moglie.
Per costringere Don Mimì a sposarla e a fargli smettere la sua vita dissoluta si finge morente, ingannando anche un prete e un medico, e si fa quindi sposare con la falsa prospettiva, per Domenico che la crede in fin di vita, di un breve legame. Dopo aver scoperto l'inganno, Domenico, furente, si rivolgerà a un avvocato, che inesorabilmente spiegherà a Filumena che il suo stratagemma è stato inutile, perché un matrimonio contratto con l'inganno non può essere valido.

II atto [modifica]
Davanti al trionfo di Domenico, la donna risponderà raccontandogli il disprezzo per la sua vita dissoluta e la sua ingratitudine (attraverso un monologo sulla sua infanzia nel Vico San Liborio di Napoli) e gli confesserà di avere tre figli, che non la conoscono come la loro madre e che ha cresciuto sottraendogli piccoli beni: uno di questi è suo figlio. Don Mimì naturalmente non le crede, ma Filumena gli ricorda quando una notte volle amarlo di un amore vero senza limiti che lui non capì, pagandola come al solito. Filumena ha conservato la banconota di quella notte sulla quale ha segnato la data del concepimento di suo figlio e che ora restituisce a don Mimì, «...perché i figli non si pagano».

III atto [modifica]
Filumena ha deciso di dire ai giovani di essere la loro madre. Anche Don Mimì conoscerà i figli di Filumena e cercherà inutilmente di scoprire quali di questi possa essere suo figlio. Filumena non glielo dirà mai perché sa che don Mimì dedicherà solo a lui le sue attenzioni, favorendololo a scapito degli altri due. Quindi se don Mimi vuole essere padre di suo figlio lo dovrà essere per tutti e tre indistintamente.
Domenico finirà per sposare, sconsolatamente e disperatamente, Filumena, diventando il padre dei suoi tre figli.


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